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Oggi continueremo la trattazione del diritto penale: in particolare, verrà trattato il principio di legalità.
Al termine dell’articolo, ci sarà un link che vi porterà in una pagina di quiz riguardanti gli argomenti trattati, in modo da verificare quanto acquisito.
Si parte, buona lettura!
Indice
- LA FUNZIONE DI GARANZIA DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ
- RISERVA DI LEGGE COME RISERVA DI LEGGE FORMALE DELLO STATO
- RISERVA DI LEGGE E ATTI DEL POTERE ESECUTIVO
LA FUNZIONE DI GARANZIA DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ
Ricollegandoci a quanto detto nel primo articolo, il pensiero illuministico apportò un contributo fondamentale in relazione al cambiamento riguardante l’atroce sistema sanzionatorio penale settecentesco, in particolare reagendo in due direzioni: chiedendo pene più miti ed invocando l’apposizione di limiti alla potestà punitiva dello Stato, a cominciare dal principio di legalità, cioè dalla riserva di legge del compito di individuare i reati e le pene con l’obiettivo di mettere il cittadino al sicuro dagli arbitri del potere esecutivo e del potere giudiziario.
Tra i principali fautori si ricordano:
- Montesquieu, al quale si deve l’enunciazione del principio della separazione dei poteri, a garanzia del cittadino non solo dagli arbitri del potere esecutivo, ma anche da quelli dei giudici;
- Beccaria, che evidenzia il principio di precisione della legge penali, sottolineando come queste ultime debbano necessariamente essere chiare e precise;
- Feuerbach, che conia la formula “nullum crimen sine lege, nulla poena sine lege”, individuando due corollari al principio della riserva di legge: il divieto di analogia ed il principio di determinatezza (che verranno trattati nei successivi articoli).
Le conquiste del pensiero illuministico vengono recepite innanzitutto in Francia nella Dichiarazione dei diritto dell’uomo e del cittadino, fino ad arrivare nel codice penale del 1889 e del 1930.
Fondamenti
Nel codice penale del ’30, la legalità dei reati e delle pene è sancita nelle seguenti norme:
- Art. 1 cp: “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa stabilite”;
- Art. 199 cp: “nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti”.
La Costituzione recepisce il principio di legalità in tutti i suoi significati, in particolare all’Art. 25:
- Co. 2: stabilisce che nessuno può essere punito se non in forza di una legge;
- Co. 3: stabilisce che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.
Per comprendere la portata del principio di legalità, bisogna risalire alla matrice politico-istituzionale, rappresentata dai principi dello Stato liberale di diritto, ed in particolare dall’idea che la potestà punitiva appartiene al Parlamento.
Con l’affermarsi dello Stato democratico, il Parlamento diventa espressione della volontà dell’intero popolo, ed è proprio questo l’aspetto chiave: una fortissima legittimazione politica alle scelte punitive dello Stato che limita ancor di più gli interventi degli altri due poteri.
Di seguito degli schemi che riassumono quanto detto fino ad adesso:
RISERVA DI LEGGE COME RISERVA DI LEGGE FORMALE DELLO STATO
Decreto-legge e decreto legislativo
Il fondamento della riserva di legge in materia penale impone di interpretare la formula “legge” contenuta all’art. 25 co. 2 Cost. come legge formale, escludendo i decreti-legge ed i decreti legislativi dalle fonti del diritto penale. Tutto ciò in virtù di una ragione: il Parlamento è espressione dell’intero popolo, e dunque è lui che deve essere in grado di compiere le scelte punitive.
Tuttavia, la prassi parlamentare e governativa dimostra esattamente l’opposto:
- Il Governo ha fatto ampio ricorso al decreto-legge in materia penale, basti pensare all’introduzione del delitto di “atti persecutori”(cd. stalking) nel 2009 o del delitto di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” nel 2011;
- Anche il Parlamento ha fatto un uso sempre più ampio della delega legislativa, in particolare per dare attuazione a direttive comunitarie.
Al riguardo vi sono diversi orientamenti dottrinali:
- Gran parte della dottrina è a favore della prassi, considerando la riserva di legge ex Art. 25 Cost. come riserva di legge in senso materiale, includendo anche gli atti aventi forza di legge.
- Altra parte invece ritiene che il decreto-legge non possa essere considerata fonte di diritto penale poiché, in caso di mancata conversione in legge, gli effetti sulla libertà personale non sarebbero reversibili; parimenti, anche il decreto legislativo non può essere incluso nelle fonti del diritto penale poiché la prassi appare lontanissima dagli standard di rigore e chiarezza che rappresentano condizioni necessarie per la legittimità della delega.
Orientamento Corte Costituzionale
Su questa questione si è espressa la Corte Costituzionale, la quale ha affermato che, nonostante la definizione dei principi e criteri direttivi da parte del Parlamento, è ovvio che la tecnica della delega legislativa preveda una discrezionalità politica del potere esecutivo; né si comprende perché la creazione delle norme incriminatrici, preclusa ai singoli ministri, dovrebbe essere consentita all’intero Governo (si tratta sempre di potere esecutivo).
Secondo la Corte, il principio della riserva di legge rimette al Parlamento la scelta dei fatti da sottoporre a pena e delle sanzioni da applicare ed è violato qualora tale scelta sia invece effettuata dal Governo in assenza o fuori dai limiti di una valida delega legislativa.
Ecco che dunque la verifica sull’esercizio della funzione legislativa delegata del Governo diventa strumento di garanzia del principio di riserva di legge in materia penale.
Decreti governativi in tempo di guerra
L’unica deroga al principio della riserva di legge è rappresentata dall’Art. 78 Cost.: “le Camere deliberano lo stato di guerra ed attribuiscono al Governo i poteri necessari.”.
Dunque, in presenza di tale situazione, i decreti governativi posso essere fonte di norme penali su delega espressa del Parlamento.
Legge regionale
La legge regionale non può essere fonte di norme incriminatrici, lo afferma l’Art. 117 co. 2 lett. 1 Cost.: lo Stato ha legislazione esclusiva in materia di ordinamento penale.
Comprendere il perché è molto semplice: è impensabile che l’Assemblea regionale, che rappresenta i soli cittadini della regione, possa destinare eventuali norme penali all’intero popolo italiano. Ci si ricollega sempre a quanto detto in precedenza, ovvero che è il Parlamento ad avere la più forte legittimazione politica, poiché rappresentante della volontà dell’intero popolo.
L’incompetenza delle Regioni a dettare norme penali riguarda solo le norme incriminatrici e non le norme scriminanti, per il semplice fatto che esse non sono norme penali.
Nei confronti di esse, però, sussiste un altro limite: dal momento che la potestà legislativa regionale nelle materie di legislazione concorrente deve rispettare i “principi fondamentali” stabiliti dalle leggi statali, la legge regionale non può modificare la disciplina di quelle cause di giustificazione che sono espressione di principi generali dell’ordinamento (es: legittima difesa).
Di conseguenza, la legge regionale può presidiare i propri precetti solo con sanzioni amministrative; nel caso in cui uno stesso fatto sia represso, oltre che dalla norma sanzionatoria amministrativa di rango regionale, anche da una norma penale, si applicherà la sola norma penale.
Diritto dell’Unione Europea
Circa i rapporti tra diritto penale e diritto dell’Unione europea, occorre considerare le innovazioni introdotte dal Trattato di Lisbona (entrato in vigore nel 2009), soprattutto in termini di sistematizzazione del diritto penale.
A livello di contenuto, infatti, cambia poco.
La distinzione nel periodo pre-trattato tra competenze di primo pilastro (tutela interessi comunitari) e di terzo pilastro (promozione della cooperazione giudiziaria e di polizia nel contrasto alla criminalità transnazionale) è stata abolita formalmente, ma non sostanzialmente, in quanto contenuta all’interno dell’Art. 83 TFUE primo e secondo paragrafo.
In relazione alla competenza dell’UE in materia penale, quest’ultima è una competenza solo indiretta, volta a richiedere agli Stati membri tramite direttive l’adozione di norme incriminatrici laddove siano necessarie per perseguire i fini detti precedentemente.
Questo per un motivo molto semplice: il principio costituzionale della riserva di legge in materia penale attribuisce al solo Parlamento nazionale la competenza ad emanare norme incriminatrici.
In ogni caso, solitamente gli Stati membri tendono a conformarsi spontaneamente agli obblighi derivanti dal diritto europeo, nonché ad adempiere agli obblighi di penalizzazione, anche per evitare le specifiche sanzioni apprestate dall’ordinamento comunitario in caso di inadempimento
Incompatibilità
Data la presenza di norme UE ad efficacia diretta, è possibile che alcune di esse contrastino con il diritto interno, paralizzandone in tutto o in parte l’applicabilità in relazione al principio di prevalenza del diritto dell’Unione sul diritto interno:
- Incompatibilità totale: inapplicabilità della norma penale in tutta la sua estensione;
- Incompatibilità parziale: disapplicazione della norma interna in relazione alle ipotesi regolate in modo diverso dalla norma UE.
L’obbligo di disapplicazione della disciplina penale contrastante con il diritto UE incontra però un limite: esso viene meno quando la disapplicazione comporterebbe una violazione di principi cardine dell’ordinamento interno.
In relazione a ciò, bisogna necessariamente far riferimento ad una sentenza affascinante, ovvero al caso Taricco, che verrà trattato quando si parlerà di prescrizione del reato.
Fonti internazionali pattizie
Discorso differente per le fonti internazionali pattizie, ovvero quelle derivanti da trattati, nel cui ambito si colloca anche la Convenzione europea per la protezione dei diritto dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Tali fonti infatti entrano nel nostro ordinamento grazie all’Art. 117 co. 1 Cost., che sancisce l’esercizio della potestà legislativa nel rispetto degli obblighi internazionali.
Cosa accade dunque in caso di contrasto fra una norma interna e tali obblighi? Il giudice dovrà sollevare una questione di legittimità costituzionale della legge nazionale, invocando come “norma-parametro” l’Art. 117 co. 1 Cost. e come “norma interposta” la disposizione internazionale che si assume violata.
Consuetudine
Il principio di riserva ex Art. 25 Cost. permette di identificare anche la posizione della consuetudine all’interno del diritto penale.
In particolare, la consuetudine è considerata illegittima se:
- Crea norme incriminatrici (consuetudine incriminatrice)
- Per il rinvio della legge individua un elemento del reato (consuetudine integratrice)
- Abroga norme incriminatrici (consuetudine abrogatrice)
È legittima invece la cd. consuetudine scriminante, in quanto oggetto della riserva di legge sono solo le norme incriminatrici; d’altra parte, la consuetudine può assumere rilievo scriminante solo a condizione che sia richiamata da una norma di legge.
RISERVA DI LEGGE E ATTI DEL POTERE ESECUTIVO
Si pone un problema, ovvero quello di stabilire se la riserva di legge ex Art. 25 co. 2 Cost. debba intendersi come:
- Assoluta: spetta alla legge l’individuazione di tutti gli elementi del reato e del relativo trattamento sanzionatorio;
- Relativa: la legge potrebbe rinviare ad una fonte di rango inferiore per l’individuazione del precetto o delle sanzioni;
- Tendenzialmente assoluta: la legge potrebbe rinviare ad una fonte sublegislativa solo per la specificazione sul piano tecnico di singoli elementi del reato già individuati dalla legge.
Atti normativi generali e astratti dell’esecutivo
In relazione ai rapporti tra legge e atti normativi generali e astratti del potere esecutivo (regolamenti, decreti ministeriali…):
- un primo orientamento si dichiara favorevole alla riserva di legge assoluta, ma in realtà appoggia una lettura della riserva come relativa. In questo modo però avverrebbe il totale svuotamento della riserva stessa, poiché l’autorità amministrativa deciderebbe in ultima analisi;
- un secondo orientamento è a favore al carattere relativo della riserva, in virtù del criterio della “sufficiente specificazione” dei presupposti, del contenuto e dei limiti entro cui l’autorità amministrativa debba muoversi. Anche in questo caso, la ratio della riserva di legge andrebbe persa;
- un terzo orientamento predilige la formula di riserva tendenzialmente assoluta, affermando che il rinvio sia legittimo nel momento in cui gli atti generali e astratti si limitano a specificare sul piano tecnico elementi già descritti dal legislatore.
È proprio lo schema della riserva di legge tendenzialmente assoluta che merita approvazione, perché il carattere tecnico dell’integrazione non comporta scelte politiche da parte dell’esecutivo (al riguardo, vi è un esempio pratico relativo all’Art. 73 del T.U. Stup. che ho trattato nel video YouTube dedicato al principio di legalità, clicca qui per vederlo).
Per quanto concerne il rinvio agli atti amministrativi, esso risulta legittimo in una sola ipotesi: quando sia l’atto preesistente sia le sue successive modificazioni abbiano per oggetto la specificazione da parte del potere esecutivo di elementi di natura tecnica, già individuati dalla norma legislativa.
Provvedimenti individuali e concreti del potere esecutivo
In relazione ai rapporti tra legge e provvedimenti individuali e concreti del potere esecutivo (provvedimenti della p.a. e dell’autorità giudiziaria), la riserva di legge non risulta violata dalle norme penali che sanzionano l’inottemperanza a classi di provvedimenti della p.a. e dell’autorità giudiziaria, per un semplice motivo: il singolo provvedimento non aggiunge nulla all’astratta previsione legislativa, è estraneo rispetto al precetto penale.
Abbiamo concluso questo articolo dedicato al principio di legalità, spero vi sia stato d’aiuto e vi sia piaciuto!
Per verificare quanto appreso in questo articolo ho creato dei quiz, per accedere vi basterà cliccare qui e successivamente sul tasto “Inizia” del box denominato “Il principio di legalità”.
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Non mi resta che darvi appuntamento al prossimo articolo, in cui parleremo dei principi di precisione, di determinatezza e di tassatività, oltre che dell’interpretazione nel diritto penale, a presto!