PRINCIPIO DI PRECISIONE E DI DETERMINATEZZA

PRINCIPIO DI PRECISIONE E DI DETERMINATEZZA

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Oggi continueremo la trattazione del diritto penale: in particolare, verranno trattati il principio di precisione e di determinatezza.
Al termine dell’articolo, ci sarà un link che vi porterà in una pagina di quiz riguardanti gli argomenti trattati, in modo da verificare quanto acquisito.
Si parte, buona lettura!

Indice

RISERVA DI LEGGE E POTERE GIUDIZIARIO

La riserva di legge rappresenta un principio fondamentale per garantire al cittadino protezione dagli abusi del potere giudiziario. Essa impone al legislatore una serie di obblighi volti a limitare il potere creativo dei giudici e a fissare con precisione i confini tra ciò che è lecito e ciò che è vietato. In particolare, la riserva di legge si articola in tre principi chiave:

  • Principio di precisione: il legislatore è obbligato a formulare le norme penali in modo chiaro e comprensibile;
  • Principio di determinatezza: solo fatti provabili in sede processuale possono essere incriminati;
  • Principio di tassatività: è vietato al giudice applicare estensioni analogiche delle norme penali (verrà trattato nel prossimo articolo).

Tutti e tre i principi citati sono corollari del principio di legalità e dunque trovano il loro fondamento nell’art. 25 co. 2 Cost.

PRINCIPIO DI PRECISIONE
Fondamento

Il principio di precisione richiede che il legislatore definisca con esattezza i reati e le relative sanzioni, per evitare che il giudice possa assumere un ruolo creativo; il compito del giudice, infatti, deve limitarsi all’applicazione della legge, non alla sua interpretazione creativa. Questo principio, quindi, non è solo una questione di separazione dei poteri, ma anche una garanzia fondamentale per la libertà e la sicurezza dei cittadini.

Secondo la Corte costituzionale, solo leggi precise e chiare permettono ai cittadini di sapere con esattezza cosa è loro consentito fare e cosa invece è vietato. La chiarezza delle norme è indispensabile per tre motivi principali:

  • Diritto di difesa: norme poco precise impediscono all’imputato di difendersi adeguatamente, poiché non è chiaro l’oggetto dell’accusa.
  • Prevenzione generale: la minaccia della pena ha un effetto dissuasivo solo se la norma è chiara e consente di sapere in anticipo quali comportamenti saranno sanzionati.
  • Colpevolezza: in caso di leggi imprecise, l’interpretazione erronea della legge da parte del cittadino può essere invocata come scusante. La Corte costituzionale ha stabilito che l’oscurità del testo legislativo può legittimare un errore scusabile.
Tecniche di formulazione delle leggi penali

La precisione di una norma dipende dalle tecniche adottate dal legislatore.
Il massimo grado di precisione si raggiunge con la tecnica casistica, che descrive analiticamente comportamenti specifici, situazioni e oggetti. Un esempio è l’art. 583, co. 2, c.p., che elenca in modo dettagliato le circostanze che qualificano una lesione personale come gravissima.

Al contrario, le clausole generali introducono un rischio di imprecisione, poiché riassumono un insieme di situazioni senza specificarle una per una. Un esempio ipotetico sarebbe descrivere le lesioni gravissime come “lesioni molto gravi nel corpo o nella mente”, una formulazione che lascerebbe troppo spazio all’interpretazione giudiziaria.
Tuttavia, il ricorso alle clausole generali è ritenuto legittimo se i termini utilizzati consentono comunque di individuare in modo certo i comportamenti vietati. Ad esempio, termini come “cagionare” la morte o l’incendio rinviano a leggi scientifiche e non al libero apprezzamento del giudice, garantendo così un sufficiente grado di precisione.

Un’altra tecnica utilizzata per assicurare la precisione delle norme è quella delle definizioni legislative. Queste definizioni sono necessarie quando i termini utilizzati possono avere significati diversi: per esempio, il Codice Penale definisce termini come “dolo”, “colpa” o “pubblico ufficiale”, così da evitarne un uso ambiguo.

Anche l’utilizzo di concetti descrittivi può presentare problemi di precisione. Questi concetti si riferiscono a oggetti della realtà fisica o psichica, ma a volte includono una “zona grigia” che rende difficile l’individuazione precisa dei fatti a cui si riferiscono. Un esempio è la norma sull’incesto (art. 564 c.p.), che non chiarisce se per incesto si debba intendere solo la congiunzione carnale o anche qualsiasi atto sessuale, oppure la norma sulla rissa (art. 588 c.p.), che non chiarisce se per rissa debba intendersi solamente una colluttazione corpo a corpo o anche uno scontro a distanza, come nel caso di conflitto a fuoco, né precisa il numero minimo dei partecipanti.

Infine, alcune norme utilizzano concetti normativi, cioè riferimenti a norme giuridiche o extra-giuridiche. Quando il riferimento è a una norma giuridica, la precisione è solitamente garantita. Tuttavia, quando il riferimento è a norme extra-giuridiche, come concetti di morale o decoro, si rischia di introdurre incertezze e imprecisioni. Un esempio è la formula “morale familiare”, che non chiarisce se ci si riferisca solo alla morale sessuale o ad altri aspetti etici.

Di seguito uno schema che riassume quanto detto:

Spiegazione delle tecniche di formulazione della legge penale in relazione al principio di precisione
Giurisprudenza e legislazione penale

La Corte costituzionale ha sempre ancorato il principio di precisione all’art. 25 della Costituzione, obbligando il legislatore a redigere norme chiare e precise; tuttavia, inizialmente la Corte respingeva le critiche di imprecisione mosse dai giudici di merito, sostenendo che i termini utilizzati fossero generalmente comprensibili. Con il passare del tempo, però, la Corte ha iniziato a dare maggiore peso al principio di precisione, arrivando a dichiarare incostituzionali alcune norme sottoposte al suo controllo.

Un caso significativo riguarda una norma che puniva lo straniero destinatario di un provvedimento di espulsione che “non si adopera per ottenere dalla competente autorità diplomatica o consolare il rilascio del documento di viaggio”. La Corte costituzionale ha ritenuto tale norma imprecisa, in quanto non permetteva di stabilire con esattezza quando l’inerzia del soggetto fosse penalmente rilevante, lasciando quindi la sua applicazione all’arbitrio del giudice.

Il principio di precisione non è rilevante solo nella redazione delle leggi, ma anche come criterio interpretativo. La Corte costituzionale ha affermato che il giudice, di fronte a più interpretazioni possibili, deve optare per quella che meglio rispetta le esigenze di precisione, spesso valutando il contesto normativo in cui si inserisce la disposizione.

Un esempio emblematico è una sentenza della Corte costituzionale del 2010 che ha salvato una norma del Codice antimafia (art. 75, co. 2, d.lgs. 158/2011), la quale puniva l’inosservanza delle prescrizioni relative alla sorveglianza speciale, tra cui quella di “vivere onestamente“. Sebbene isolata, l’espressione apparisse generica, la Corte ha ritenuto che, nel contesto delle altre prescrizioni imposte a un soggetto sottoposto a sorveglianza speciale, essa assumesse un significato più preciso.

Anche la Corte di Cassazione si è confrontata con il principio di precisione. Le Sezioni Unite, affrontando il tema dell’inosservanza della prescrizione di “vivere onestamente”, si sono distanziate dalla Corte costituzionale, affermando che tale obbligo è troppo generico per costituire il nucleo di una norma penale. Dello stessa parere era anche la Corte EDU, la quale aveva criticato queste prescrizioni per la loro vaghezza e indeterminatezza.
Va segnalato comunque che la Corte costituzionale, a seguito di tali orientamenti, nel 2019 ha preso le distanze dalla precedente sentenza del 2010.

In alcune occasioni, però, la Corte di Cassazione non ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, scegliendo di “riscrivere” la norma, con usurpazione del ruolo del legislatore. Un esempio è la sentenza Biondi, in cui la Corte ha definito con precisione il termine “quantità ingenti” di sostanze stupefacenti, riferendosi a parametri numerici legati alla quantità massima consentita per uso personale, ricavando dunque un limite dal cd. diritto vivente.

Anche la legislazione penale più recente si è dimostrata attenta al rispetto del principio di precisione. Ecco alcuni esempi:

  • Usura (art. 644 c.p.): il concetto di interessi usurari è stato collegato a parametri numerici precisi, evitando l’arbitrio dei giudici.
  • Abuso d’ufficio (art. 323 c.p.): la riforma ha vincolato le condotte abusive a specifiche violazioni di norme di legge o regolamento, escludendo interpretazioni legate a principi generali come l’eccesso di potere.
  • Guida in stato di ebbrezza (artt. 186 e 187 Codice della Strada): l’aggravante per guida sotto l’influenza dell’alcool tra le 22 e le 7 è formulata utilizzando parametri temporali chiari.
IL PRINCIPIO DI DETERMINATEZZA

Il principio di determinatezza richiede che le norme penali descrivano fatti che possano essere oggettivamente accertati e provati nel corso del processo. Secondo la Corte costituzionale, per proteggere il cittadino dall’arbitrio del giudice, non è sufficiente che una norma sia intellegibile (come stabilito dal principio di precisione), ma deve anche riflettere fatti verificabili basati su evidenze empiriche, come le massime d’esperienza o le leggi scientifiche. In altre parole, le fattispecie devono essere descrivibili e provabili in modo concreto.

Un esempio emblematico è la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma sul plagio (art. 603 c.p.), che puniva «chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione». La Corte ha ritenuto che, pur essendo chiaro il concetto alla base della norma, non fossero accertabili né i modi con cui si poteva compiere l’azione psicologica del plagio né come raggiungere lo “stato di totale soggezione” richiesto per configurare il reato. Mancava, dunque, una base empirica verificabile.

In contrapposizione, la Corte costituzionale, in una sentenza del 2014, ha confermato la legittimità della norma che punisce gli atti persecutori (art. 612 bis c.p., noto come reato di stalking), sostenendo che minacce e molestie reiterate, capaci di causare uno stato di ansia, paura, o alterazione delle abitudini di vita della vittima, sono comportamenti riscontrabili nella realtà e che il giudice può verificare con ragionevole certezza. In questo caso, la norma ha superato la verifica di determinatezza perché i comportamenti tipizzati possono essere chiaramente provati in sede processuale.

Abbiamo concluso questo articolo dedicato al principio di precisione e di determinatezza, spero vi sia stato d’aiuto e vi sia piaciuto!
Per verificare quanto appreso in questo articolo ho creato dei quiz, per accedere vi basterà cliccare qui e successivamente sul tasto “Inizia” del box denominato “Principio di precisione e di determinatezza”.
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Non mi resta che darvi appuntamento al prossimo articolo, in cui parleremo del principio di tassatività e dell’interpretazione nel diritto penale, a presto!

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